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Dal blog di Beppe Grillo al Premio "Strega", dai Simpson a facebook, dieci incursioni condotte con rigore scientifico e metodologico per terreni inesplorati (chat, biglietti augurali, persino il gergo da officina) alla scoperta delle nuove frontiere espressive della parlata di Roma. Il libro di Andrea Viviani si muove tra recupero della tradizione, definizione per lingua del senso d'appartenenza alla comunità cittadina e, anche, inaspettate reticenze. Con inattesi sconfinamenti all'uso oltre-mura e oltre-regione che inducono a riconsiderare al rialzo il prestigio di una varietà che sta ristrutturando, per consistenza e ambiti d'uso, i tradizionali rapporti con l'idioma nazionale. Il dialetto di Roma, come è stato dimostrato da una ormai lunga serie di contributi, si pone in un continuum rispetto alla varietà di italiano usato nella capitale e ha un rapporto particolarissimo, per certi aspetti simbiotico, con l'italiano contemporaneo. Questo consente la risalita di elementi locali anche in contesti insospettati, presso tra parlanti e scriventi romani che pure sono molto lontani dalla dialettofonia.