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"Come Sade nei suoi scritti, come Gilles de Rais nei suoi delitti, la contessa Bathory, varcato ogni limite, toccò il fondo ultimo della sfrenatezza. E rappresenta una prova in più del fatto che la libertà assoluta della creatura umana è orribile." Così la scrittrice e poetessa argentina, Alejandra Pizarnik, conclude la sua ricognizione sulla figura della contessa Bathory, che la leggenda ci restituisce come la crudele assassina di seicentocinquanta vergini. Tra il XVI e il XVII secolo, nel lugubre castello di Csejthe, in Transilvania, "la contessa sanguinaria" tortura le proprie vittime assecondando ossessioni e desideri descritti in pagine dove si fondono una lingua sorvegliata e una materia oscura.