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Le vicende, i luoghi e i personaggi appartengono a tanta parte dell'Italia di fine millennio e non si fa fatica a pensare che molti vi si potrebbero riconoscere. A oltre dieci anni dalla scintilla prometeica che ne ha determinato il concepimento, alcuni topoi narrativi e geografici del romanzo si sono rivelati a posteriori elementi di quella cerniera che ha separato l'Italia del dopoguerra da quella della sua deriva degli ultimi anni. In questo senso Muschio bianco è epos moderno, narrato alla maniera di Demodoco, dove un meno suggestivo e ancora più ingannevole cavallo di Troia infrange le certezze delle nuove generazioni. A queste appartengono i ragazzi di Mezzocannone, storica e simbolica sede dell'Università di Napoli. Essi non sono così diversi dai geniali ragazzi di Via Panisperna e da quelli di Monte di Dio, che negli anni Cinquanta diedero vita al grande laboratorio intellettuale del gruppo Sud, di cui fecero parte tra gli altri Anna Maria Ortese e Giuseppe Patroni Griffi. "Muschio bianco" narra di loro, ma è anche storia di speranza e d'amore.