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Ho scritto questo poemetto presa da profonda commozione e lo considero il mio omaggio ai 55 ufficiali e ai 63 marinai del Kursk; che fossero russi è stato assolutamente ininfluente. Mentre ascoltavo le notizie sull'affondamento del sottomarino avevo davanti a me il bellissimo mare di Sardegna, sinonimo di vacanza e gioia di vivere a contatto con l'acqua. Più stridente ancora, dunque, il contrasto con quell'avventura subacquea così tragica. La mia immaginazione, a poco a poco, ne è stata coinvolta: visioni oniriche e incubi notturni mi hanno indotta ad un progetto di poesia. Così ha preso forma questa composizione che va ad aggiungersi alla lunga serie di 'poemi del mare' già esistenti. L'immaginazione è "tramite umano alla verità", scrive Ettore Campa nel suo libro intitolato Per l'altro mare aperto (p. 31). L'affermazione è opinabile, ma alla luce di quanto si è scoperto dopo il recupero del Kursk, posso dire di essermi molto accostata alla realtà dei fatti. È che la morte in acqua mi ha sempre terrorizzata, perché è orribile e perché mi è stata predetta.