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Nei torbidi dialoghi si stagliano cristalline le figure che ingombrano la memoria di una vita: sprofondati in un fertile oblio, antichi ricordi riaffiorano con la voracità della pianta carnivora che divora tutto, persino se stessa. La gonna della feroce matrigna si leva scoprendo lo scenario; lui con sguardo timido e febbricitante ne esce per chiedere un'aspirina. Ammalato della vita, è già scrittore e con i personaggi fuggiti dalla memoria si anima in una danza leggera e apocalittica al tempo stesso. In queste prose tra il teatro e il poemetto, come su una giostra sfilano le maschere crudeli e compassate di amanti scomparsi, giovani innamorati, vecchie farneticanti.