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«...un testo "mostruoso", ingombrante, polimorfo, affetto da una continua mutazione. Impegnato «nell'abbattere le pareti del discorso ordinario», il libro non può avere ordini di alcun tipo, come ripartizioni interne o titoli di sezione, né può affidarsi a un preciso meccanismo combinatorio. Il tendere «allo stato puro sovversivo» fa sì che non debba appoggiarsi su nessuna coordinata. La parola "poesia", che pure vi compare, perde i suoi connotati di genere lirico per diventare sinonimo di scrittura. E anche l'io che vi funge da soggetto sarà caratterizzato dal nomadismo, dall'erranza; avrà atteggiamenti discorsivi diversi, dal dialogo al monologo, dall'evocazione alla visione, fino all'invettiva, come vedremo. Il testo stesso avverte: «Ciò che la parola porta nel linguaggio della mia scrittura è un àngolo acuto e perforante» (pezzo 344)...» (dalla postfazione di Francesco Muzzioli)