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Tra tutte le vicende personali della Marchesa Vittoria Colonna d'Avalos, sorprende particolarmente il dramma dei suoi rapporti col Maestro Michelangelo, di cui si è tanto favoleggiato nelle storie letterarie e nelle enciclopedie. L'autrice del romanzo ha ben fatto a ridimensionarlo, dal primo all'ultimo incontro, al solo significato di un'amicizia tutta "spirituale", fatta di stima profonda e reciproca nel segno di un'acquisizione puramente estetica della Bellezza. Sorprende ancor di più il fatto che, pur nell'intreccio delle vicende personali, l'autrice riesca a ricostruire fedelmente le intricate relazioni tra ducati, contee, marchesati, case principesche e regnanti, di un'Italia finita allo sbando totale, povera vittima di dominazioni straniere. Pur non essendo per nulla un libro di storia, l'autrice ha saputo fondere insieme "storia e invenzione", secondo i dettami del capolavoro manzoniano.