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L'inibizione è un insieme di meccanismi fisiologici neurali, cognitivi ed emotivi, senza i quali l'essere vivente non potrebbe sopravvivere. Il tema di questo lavoro riguarda invece l'inibizione in un'accezione negativa, intesa come "non poter agire" o "agire nel disagio". L'inibizione può colpire ciascuno di noi, e in tal caso la si può considerare come un processo adattivo, ossia come un meccanismo di difesa contro l'ansia e la paura. Tuttavia, quando questo meccanismo non è più una semplice reazione, bensì una condizione permanente, essa stessa diventa fonte di ulteriore disturbo, come l'Inibizione Psicomotoria (IPM) del bambino che non è una sindrome, ma una reazione dell'organismo che colpisce in modo specifico l'atto motorio. L'IPM è quasi una sfida per il terapista della psicomotricità che si confronta con chi evita il movimento, vissuto come disagio, anziché come espressione gioiosa. L'allentamento, o la scomparsa del sintomo diventano possibili solo se il terapista si accosta al problema con la prudenza e le strategie del gatto, che esplora un nuovo ambiente, prima di trovare un nicchia confortevole.