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La vicenda è liberamente ispirata alle "Lettres sur les Vallées de Lanzo" del conte Luigi Francesetti di Hautecour e di Mezzenile. Uomo colto, studioso di lettere, storia, agronomia, ricercatore puntiglioso dallo spirito illuminista, il conte è un appassionato conoscitore delle "sue" montagne: per i suoi scritti verrà definito "Pittore della natura". Nelle lettere scritte alla contessina Marina Teresa Nomis di Pollone, il Francesetti descrive l'esplorazione e i rilevamenti scientifici nelle Valli di Lanzo, luogo d'origine del suo casato, dove usa trascorrere il periodo estivo con la sua famiglia. Tra feste popolari e "chiodaioli", giovinette di sorprendente bellezza e inverni così freddi "che non si potevano seppellire i morti sino al disgelo", ricorda la cattura dell'ultima lince, che in quelle valli veniva chiamata "lupo cerviero". Ma la lucida razionalità del pensatore vacilla di fronte alla "manifestazione" di una superstizione popolare, una presenza inspiegabile e inquietante...