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Il nodo centrale delle poesie di Gregorio è l'amore inteso come motore espresso in versi che si sgranano in un canto lirico struggente. E se parlare d'amore oggi è gettare monete in un pozzo, trascinando con sé anima e corpo, l'autore ritaglia nel suo intimo uno spazio per i più reconditi sentimenti. Gregorio Fiozzo dipinge paesaggi per cantare, sceglie chiazze d'acqua per riflettere il suo stato d'animo, delinea ritratti come volti di terra e di cielo in minuscoli esperimenti di felicità, quando incontra il divino: "dall'intimo affiora/morbida erba/di sciolte pietre". Per non essere oppresso dal mondo, il poeta tende all'infinito tramite un amore universale che anima la vita. Tale amore nobilita e si ritrova nella natura con le sue leggi che governano l'eterno in un concerto di voci o attraverso l'immodificabile destino, come quando "dal mare,/un canto di musa" sparge versi che piovono come fiori sui volti dell'amata, in quel gioco dell'amore di cui anche Pablo Neruda cantava: "Voglio fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi".