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"Tengo molto alla riflessione sulle dinamiche relazionali in carcere perché ha un potere curativo e rappresenta l'origine, la base, per incontrare altre realtà organizzative. Rinchiusa nelle celle c'è la parte più oscura che neghiamo. Bisogna incominciare da questi grandi e miserabili spazi chiusi, a parlare di riformare la società, evitando la militarizzazione mentale e psicologica, senza accelerare i processi storici. Dentro la prigione è il luogo dove troviamo ciò che serve per capire l'evoluzione umana. Coltivo il desiderio che le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, prima di altri lavoratori, possano beneficiare della scuola di educazione Alla persona. Bisogna incominciare da loro perché sono in prima linea, al confine, a contatto con i sotterranei della società. A causa di questa vicinanza allo scarto, rappresentano il biglietto da visita di civiltà di una nuova cultura antropologica sana, misurando l'esistenza non solo dall'efficienza e dalla capacità di produrre. Il buio delle coscienze non può evadere e ci invade." (Lizia Dagostino)