Tab Article
Gran parte della letteratura fantascientifica ci ha abituato a immaginare scenari 'distopici', cioè società future in cui la tecnologia e il potere fornivano gli strumenti adatti per nuove tirannie. In parte questi scenari si sono attuati oppure sono in fase di concreta realizzazione. Sembra un paradosso, ma le chimeriche profezie di scrittori ritenuti 'visionari' si stanno definendo nella loro tragica realtà: mondi in cui l'uomo è prigioniero, 'reificato' come mero strumento di produzione e di consumo sono ormai pane quotidiano. Nel mondo antico, nella grande fase di transizione di una civiltà che da 'pagana' si trasformava sotto l'egida di un cristianesimo ormai egemone, una filosofia si ribellava a tale mutazione, era lo gnosticismo. Allora, come oggi, si percepiva il mondo come un'«età dell'angoscia» in cui l'uomo viveva esiliato: il mondo era un carcere penoso e le parole dei 'Maestri gnostici' recavano concrete possibilità di salvezza. Lo gnostico ha per dono immediato la conoscenza di sé, vale a dire il sapere totale e assoluto. Si tratta di una conoscenza intuitiva, ottenuta per illuminazione improvvisa e definitiva. Solo da tale conoscenza l'individuo può essere salvato, e non dalla fede o dalle opere. L'uomo, nella sua finitudine, deve comprendere quindi la propria vera identità, ciò che era prima di giungere in questo mondo e in questo corpo, entrambi creati dal Demiurgo malvagio. Deve percepire la «mancanza», la condizione in cui vive oggi, e deve conoscere la «via» per fuggire, per emanciparsi dal tempo e dallo spazio.