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«È a Jean-Pierre Richard che spetta il merito d'aver saputo - nel 1980 - scoprire e descrivere superbamente la "nausea di Céline". Questa, per Louis-Ferdinand Céline, non ha niente a che vedere con il silenzio ostinato; ancor meno, può essere paragonata all'assurdità fisica delle cose tangibili, dissezionate da Jean-Paul Sartre. Mentre il filosofo esistenzialista - infatti - dava al suo "disgusto d'esistere" una dimensione metafisica, Céline ha immediatamente situato il proprio nel piano sensoriale degli eventi. È così che si riflette, nel "Viaggio al termine della notte", un'impressione indelebile lasciata dalla carneficina della guerra, che sta in un'atroce rivelazione: la carne, viva e umana, è solo "carne da macello". Essa di disfa in un batter d'occhio, senza che niente e nessuno possa impedirlo. Questa deliquesenza primordiale, che si può veder grondare da un romanzo all'altro, trascina con sé tutto l'universo celiniano, imprimendosi nel tempo.