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Scritto da ex dirigente d'azienda nel settore alimentare e della zootecnica, il presente saggio esplora la questione animale nelle sua dimensione etica, ma anche in quella politica. Le istanze animaliste, infatti, non sono più ascrivibili solo al registro delle scelte personali di consumo, ma devono dirigersi al cuore della politica: come rivendicazione di scelte alternative alla odierna civiltà alimentare, ma anche come espressione di valori inclusivi, tutoriali, utopici, antagonistici rispetto alle derive di restrizione identitaria - etniche, localistiche, familistiche - che contraddistinguono la decadenza culturale del periodo in cui viviamo. Gli animali invisibili sono quelli di cui ci nutriamo: scatole biologiche private di qualsiasi identità soggettiva, le cui funzioni cognitive ed emotive rappresentano eventi puramente accidentali rispetto alla loro utilità merceologica. Il genocidio proliferativo che si consuma nella moderna zootecnica intensiva, subordina qualsiasi considerazione della sofferenza animale ad un modello nutrizionale iniquo, fallimentare e palesemente insostenibile sia sotto il profilo ambientale che rispetto alle prospettive socio-demografiche che si delineano per i prossimi decenni.