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Pasolini è un'anomalia, non è assimilabile, si avvicina e si allontana da ogni inquadramento ideologico; si avvicina al comunismo me se ne distanzia (lo cacciano), si avvicina al cristianesimo ma non si uniforma all'ortodossia, la sua è una contestazione vivente allo Stato (alla democrazia che segue al Fascismo) e alla classe della borghesia a cui appartiene. Nell'alveo della filosofia gli è stato affiancato il mito di Socrate condannato esemplare dalla sua polis, come il filosofo ateniese anche il poeta è condannato dalla città e per questo diviene in-civile. Da questo transito, da civile a in-civile, nasce la considerazione e l'accostamento con il cinico Diogene. Pasolini è in agone, in conflitto, con la sua società, diviene il corsaro che conosciamo. Se Montale è il poeta che ha saputo essere in 'accordo' con il suo tempo e con le istituzioni, Pasolini, al contrario, rappresenta la tipologia che ne attesta il 'disaccordo'; è il supremo 'agonista', come lo definisce Mario Luzi.