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Detentori di un ruolo di primo piano nella società di antico regime, i docenti universitari costituirono una prestigiosa élite identificabile dall'abito, oltre che da altri privilegi a loro unicamente concessi. La morte era il momento di estrema visibilità di questa differenza sociale, e le leggi suntuarie prescrivevano tale eccezionale equiparazione di privilegi permettendo ai professori elaborati cerimoniali funebri e ricche sepolture, come solo cavalieri ed ecclesiastici potevano avere. A Pisa le sepolture dei professori formano un ricco patrimonio scultoreo diffuso negli edifici ecclesiastici cittadini, e culminante nel Camposanto monumentale e nella chiesa di San Frediano. A differenza di Padova e Bologna, a Pisa il desiderio di autocelebrazione dei committenti si coniugava alla disponibilità di artisti di primo piano e, significativamente, all'interesse che i granduchi costantemente nutrirono per coltivare l'immagine dello Studio e tramandare ai posteri la sua eccellenza. Specchio della cultura scientifica e artistica granducale, Pisa illustra attraverso i monumenti funebri dei suoi docenti la vitalità degli scultori che tra Quattro e Settecento avevano operato nei principali centri della penisola e permette di seguire, attraverso l'intersecarsi delle carriere di scultori e professori, delle affascinanti peregrinationes intellettuali e artistiche.