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Camillo Berneri, intellettuale della stessa generazione (e del calibro) di Piero Gobetti, Carlo Rossetti e Antonio Gramsci, dei quali fu stimato interlocutore, è stato pressoché cancellato dall'ufficialità della storiografia (anche di sinistra). La sua colpa? Essere anarchico. Eppure, secondo gli autori, la sua capacità teorica, con uno stile antidogmatico, traccia, oggi più che mai, il "programma minimo" per l'unico (e l'ultimo) socialismo possibile: quello libertario. In Berneri emerge la preoccupazione di affermare il primato dell'etica sulla politica, la cui "autonomia" è per lui all'origine dell'impossibilità d'ogni cambiamento progressivo. Vero "liberale del socialismo", Berneri non contrastò solo il sistema capitalistico o il fascismo, bensì ogni ragion di stato e qualsiasi forma di totalitarismo, bolscevismo compreso. Il suo rigore lo pose in rotta di collisione con tutti gli ideologismi e le soluzioni dottrinarie del "secolo breve". Egli prese le distanze anche dalle semplicistiche ricette di un certo anarchismo, con uno sforzo teorico ed autocritico unico nel panorama libertario.