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Blaise Pascal sosteneva che ciò che di "cattivo" c'era in Montaigne era che "raccontava troppe storielle e che parlava troppo di sé". Un simile "divieto" si ritrova in Aristotele, nel "Vecchio Testamento" e nel "Convivio" dantesco: "parlare alcuno di sé medesimo pare non licito". In un primo tempo ai margini della letteratura, l'autobiografia si è poi affermata e diffusa. È un mutamento storico-culturale: gli "Essais" considerati l'archetipo di una concezione moderna dell'autobiografia propongono una nuova declinazione del Sé, per noi oggi epistologicamente acquisita. In questo percorso, che ruolo hanno giocato i "libri di lettere" del Cinquecento italiano della biblioteca di Montaigne? Gianluca Genovese attraverso i testi di Pietro Aretino, Niccolò Martelli, Niccolò Franco, Anton Francesco Doni e Tommaso Campanella vuole offrire sulla questione alcune risposte implicanti nuovi interrogativi.