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Il riflesso di una "dittatura" culturale si è aggirato per l'Occidente nel XX secolo: il teatro politico. Soltanto ora, a quasi vent'anni dal crollo del Muro di Berlino, esso appare per quello che è veramente stato: la cartina di tornasole dell'egemonia che la sinistra storica, il marxismo e i suoi epigoni hanno imposto nei confronti delle arti e della letteratura dell'epoca contemporanea. In questo volume, Franco Ricordi, regista e direttore di teatro, ma anche filosofo e saggista, ravvisa nel fenomeno del teatro politico novecentesco la tendenziosità e faziosità della cultura e delle arti contemporanee. Attraverso una ricognizione storico-filosofica della drammaturgia occidentale, dimostra in particolare come nel XX secolo si sia infranto quel senso estetico "super partes" che ha caratterizzato il dramma - nella tragedia come nella commedia - in tutte le epoche precedenti. E come, pur se le ideologie sono oggi crollate, le "mani sulla cultura" siano ancora forti e pericolose. Contro la loro profonda influenza, l'autore propone - anche attraverso la poetica di Pasolini, grande uomo "di sinistra" capace di criticare la sinistra - un tentativo etico ed estetico per superare tali barriere, in favore di un teatro e di una cultura sempre più liberi e necessari.