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"Nei movimenti giovanili che vanno sotto il nome di Sessantotto, nelle prese di posizione intellettuali che quei movimenti anticiparono e accompagnarono, così come nei mutamenti concreti che allora vennero a prodursi nei costumi e nei gusti, Assunto colse qualcosa di estremamente serio, che andava ben al di là delle manifestazioni talvolta velleitarie e anche carnevalesche in cui poterono trovare espressione certe proteste giovanili: vi riconobbe in effetti il pieno attuarsi di una tendenza che era intrinseca alla civiltà contemporanea e che si stava mostrando in grado di minare nel profondo il sistema dei valori e le realizzazioni culturali a cui aveva dato la propria adesione. [...] Il fatto era che con acume e rapidità Assunto aveva colto quel che la cultura del Sessantotto portava con sé; ossia, quel che la sua sensibilità e la sua specifica preparazione lo portavano a cogliervi: la fine della bellezza, nel paesaggio naturale e in quello umano, nella natura e nelle città. La distruzione dei paesaggi, l'abbandono e l'incuria in cui versava il patrimonio artistico nazionale, la metamorfosi che investiva i tessuti urbani, un più generale mutamento dei costumi che gli sembrò orientato verso il peggio e la volgarità - tutto ciò produsse in lui una tale rivolta etica e intellettuale che lo condusse a interrogarsi sulle ragioni ideali che presiedevano ai cambiamenti cui assisteva quotidianamente (poiché di questo sempre rimase convinto: che un'azione sbagliata avesse alle spalle un'idea sbagliata, ossia un pensiero che non era veramente tale)." (dalla postfazione di Emanuele Cutinelli-Rendina)