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Dopo una strepitosa ascesa al soglio pontificio, nell'autunno del 1503, Giulio II condusse una politica estremamente guardinga che meravigliò gli osservatori: sembrava aver accantonato quei «piani vasti e smisurati» di cui parla Francesco Guicciardini e che erano all'origine della sua sulfurea reputazione da cardinale. In realtà nel primo biennio di pontificato Giulio II si consacrò con pazienza e sagacia ad accumulare risorse finanziarie e a tessere una rete di alleanze che gli consentisse la realizzazione del suo programma: la sottomissione dei riottosi tiranni del centro Italia e la riconquista dei territori pontifici occupati da Venezia. Giunto a Roma nell'autunno del 1505, l'ambasciatore fiorentino Alessandro Nasi registra con acutezza l'improvvisa accelerazione che proprio in quelle settimane il papa dà ai suoi propositi, sfruttando a proprio vantaggio la fluidità e le incertezze della situazione internazionale, con un re di Francia forse malato a morte ma intento a perseguire la sua politica italiana; un re di Spagna da poco vedovo e alla ricerca di nuovi equilibri che gli garantissero comunque il controllo della Castiglia; un grande generale spagnolo vittorioso nel Regno di Napoli e sul punto, forse, di farsene signore; un imperatore sempre oscillante tra il sogno italiano e il fronte orientale; e tutti gli italiani intesi a scrutare l'orizzonte nella speranza di conservare la propria indipendenza, magari a scapito del vicino. Nelle corrispondenze inedite del Nasi, pur tanto ricche e varie, uno dei principali motivi di interesse è proprio l'emergere di quel profilo caratteriale di Giulio II, imprevedibile e orgoglioso, collerico ed egocentrico, impetuoso e tenace, che, prima di ricevere conferma dalla posteriore storiografia, sarà di lì a poco al centro della straordinaria meditazione di Niccolò Machiavelli, per ilquale il vecchio pontefice incarna una figura felice del rapporto tra politica e fortuna. Lui, vecchio, con quella sua «natura» di cui le lettere del Nasi offrono le prime testimonianze e analisi, sarà il simbolo dell'impeto e dell'audacia giovanili da cui la muliebre fortuna si lascia talvolta domare e vincere.