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"Più giornalismo, meno ideologia", raccomandava Arrigo Benedetti. Lo udirono i grandi giornalisti cresciuti alla scuola del suo "Europeo": Oriana Fallaci, Emilio Radius, Giancarlo Fusco, Alfredo Todisco, Raul Radice, Sandro de Feo, Tommaso Besozzi, che smascherò la verità del bandito Giuliano. Lo riudirono quelli che lo seguirono o che incontrò al suo "Espresso": Camilla Cederna, Eugenio Scalfari, Carlo Gregoretti, Manlio Cancogni autore dell'inchiesta sulla speculazione edilizia a Roma, "Capitale corrotta = nazione infetta". Lo ribadì, lui laico, liberale e radicale, assumendo la direzione del filocomunista "Paese Sera" negli anni del terrorismo e della violenza diffusa. Rigoroso prontuario di buona scrittura giornalistica, rispettosa della grammatica e delle regole del mestiere, che Arrigo Benedetti, anche da inviato della "Stampa" e da collaboratore del "Mondo", di "Panorama", del "Corriere della Sera", seppe tessere con l'impegno civile e la necessità morale. Perciò Eugenio Scalfari e Carlo Gregoretti lo chiamano maestro e aprono questa raccolta di suoi articoli raccontando come e quanto lo fu per una generazione.