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Enrico Baj (1924-2003), il "patapittore" - come lo definì il poeta Jean-Clarence Lambert -, uno tra i più fervidi seguaci di Alfred Jarry e della sua Patafisica, sposa i contenuti di questa "scienza delle soluzioni immaginarie" portandoli a vessillo del proprio universo culturale. Baj matura negli anni una sua visione della Patafisica che proietta nella propria opera e che utilizza come arma contro le contraddizioni e le costrizioni del mondo e della società. L'irriverenza, l'ironia e il gusto del paradosso, propri di questa scienza, costituiscono per l'artista gli "anticorpi dell'uomo contemporaneo contro l'oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici eccetera". La Patafisica, che Baj riassume col motto "Imago ergo sum", in opposizione alla razionalità matematica cartesiana, è nello stesso tempo musa e linfa vitale che rinnova e rinvigorisce la forza dell'immaginazione. Per Baj, infatti, il pittore, come il Patafisico, rifiuta le spiegazioni scientifiche definitive non riconoscendo al valore nessuna valenza morale né estetica. Allo stesso modo egli azzera con la fantasia, facoltà "che può valicare le più alte vette e superare ogni difficoltà", la comune tensione a trovare una soluzione logica a ogni problema.