Tab Article
"Il Sessantotto, che in un certo senso si era aperto nei campus californiani con la protesta di beatnik e figli dei fiori contro la guerra americana in Vietnam, simbolo sanguinoso «dell'oppressione imperialista», in fondo si chiude a Praga, in piazza San Venceslao, con le fiamme che bruciano la giovane vita di Jan Palach, studente ventenne suicida contro l'invasione sovietica. Che cambia il senso di tutta questa storia, mostra due mondi lontani e contrapposti, ci inchioda a domande che resteranno senza risposta almeno per vent'anni ancora. Poche pagine più avanti, Wlodek Goldkorn racconta un episodio illuminante, quello di Rudi Dutschke che parla di imperialismo capitalista ai giovani praghesi, che davanti ai carri armati di un altro imperialismo, quello sovietico, chiedono invece più libertà, più mercato, più democrazia. E osserva che mentre di qua gli studenti sfilavano in corteo innalzando le immagini di Stalin e di Mao, di là i giovani cechi si battevano in nome di valori "borghesi". Fino all'estremo sacrificio. È solo una delle contraddizioni drammatiche di una stagione ricca di fermenti. In Italia gli anni Sessanta, che erano cominciati con un tentativo di colpo di Stato, con quel "tintinnar di sciabole" svelato dall'"Espresso", si chiudono con la bomba di piazza Fontana che mostra agli italiani una realtà sotterranea e oscura fatta di intrighi, di servizi segreti deviati, di ufficiali infedeli, di logge massoniche occulte, di neofascismo risorgente. È lo scontro tra un'Italia e l'altra, l'una che cerca affannosamente e confusamente di rinnovarsi e allargare i suoi spazi di democrazia, la seconda che frena e si oppone. Anche con la violenza." Bruno Manfellotto