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Il 1905, anno della prima Rivoluzione russa, ha segnato uno spartiacque anche nella storia della Chiesa. Gli anni che seguirono furono per la Chiesa ortodossa anni di risveglio, di dibattito, di confronto sul rinnovamento dell'istituzione ecclesiale, necessario per adeguarla alle trasformazioni in atto nella società, tramite innanzitutto la convocazione di un Concilio e l'abbattimento del sistema sinodale, con cui Pietro I aveva nel 1721 sostituito l'istituzione del patriarcato. Paradossalmente, la rivoluzione del 1917, con le conseguenze fatali che avrebbe avuto sulla vita degli ortodossi, si abbatté sul paese e sulla Chiesa proprio nel momento in cui era stato finalmente convocato il Concilio e ripristinato il patriarcato. La distruzione della Chiesa e la sua estraniazione dal tessuto sociale avvennero per gradi ed ebbero il loro climax negli anni del «grande terrore» staliniano, quando gli spazi di sopravvivenza dei credenti all'interno della società sovietica si restrinsero e l'ortodossia di matrice kieviana fu accomunata a quella del resto dell'Unione Sovietica nella chiusura delle chiese, nelle persecuzioni, nelle repressioni. Questo libro analizza oltre trenta anni cruciali delle vicende della Chiesa russa da un osservatorio particolare qual è la città di Kiev, città nella cui storia influenze diverse sono confluite a formare una sintesi originale. Importante centro dell'ortodossia del mondo dapprima russo-imperiale e poi sovietico, Kiev possiede una duplice natura: da un lato è «madre delle città russe», luogo del battesimo della santa Rus', e, dall'altro, è la città a cui il movimento nazionale ucraino ha guardato come alla esclusiva capitale della propria storia e cultura.