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Il Seicento fu, nella Chiesa italiana, un secolo enfatico e splendente, di fede militante, sovraccarica e sfarzosa. In quest'epoca, in cui gli slanci ascetici e i doni sovrannaturali di suore e sante mistiche convivono con impressionanti fenomeni di donne possedute dal diavolo - curate dagli esorcisti con formule a metà tra sacramentali e magiche - era sottile l'arte di distinguere tra l'invasione del corpo ad opera di angeli o diavoli, tra la vera e la falsa o "affettata" santità. All'inizio del secolo i sistemi proposti dai gesuiti per raggiungere l'ascesi, ottenere visioni ed entrare in contatto coll'aldilà erano fondati sull'immaginazione figurativa, mentre quelli opposti, "quietisti", privilegiavano la contemplazione facendo silenzio nell'anima. Tra la fine del Seicento e i primi del Settecento però il Sant'Uffizio pose un freno alle forme troppo vistose di santità e possessione, i cui sintomi si vollero più miti e disciplinati. Sarà infine la medicina illuminista a proporre nuove diagnosi di quei segni prima interpretati come invasioni di spiriti ultraterreni, spostando l'accento sui disturbi cerebro-nervosi, eredi delle passioni subite dalla sensuale e corporea anima operante nelle estasi barocche.