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Nell'argomentare filosofico spesso ci si attiene a modalità deduttive, induttive o dialettiche diversamente modulate. In questa originale e provocatoria riflessione su Caino e Abele, l'autrice, con un'intelligenza feconda e propulsiva che nasce dal fondo dell'essere, colorato al femminile, tratta della colpa e della missione del colpevole che non cessa di con-vocare e scuotere le coscienze intorpidite in pregiudizi stagnanti e difensivi. Il mondo biblico è da sempre un serbatoio di archetipi che rimettono in moto la vita, ma mai come ora il faccia a faccia tra l'uomo Caino e il volto di Abele pone in evidenza il delirio della consapevolezza umana al cospetto di un'obbedienza che rivela un'autentica e pre-originaria libertà: l'io per l'altro. D'altra parte Caino è il "detentore del marchio", segno indelebile e im-prescindibile di ciò che rimane ancora udibile della parola di Abele, oltre la morte stessa e quale unica possibilità d'intrattenere una relazione con la nuda vita.