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Era bello da tagliare il respiro. Era Alcibiade, il figlio più radioso dell'Atene di Socrate e di Platone. Un raggio di sole, esploso dall'arcobaleno, lo aveva colpito facendone il prescelto: il più spregiudicato, il pù chiaroveggente, il più insostituibile, ma, insieme, il reietto. Perché, oltre un certo limite, chi più è amato più è odiato. Attraverso gli occhi di Timandra, splendida etera che visse con Alcibiade e ne raccolse le ceneri, Kallifatidis svela i tesori interiori del grande guerriero caduto in disgrazia e braccato dai potenti della terra. Ma Timandra trabocca dal limite del romanzo storico. Il baricentro è l'amore: esplorato, dibattuto, accettato come regalo e dannazione, tra riso e lacrime, a un simposio, a un rito misterico, a un minuto dalla morte, per uomini e donne ubriachi di immortalità.