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Per Anna Maria Guidi questo poemetto rappresenta un cardine centrale nel suo lavoro poetico. Un viaggio a tutto tondo nel proprio passato, e dunque il recupero mitologico "dell'infanzia del mondo" che, interagendo col presente, diviene una doppia transizione. Quasi una allegoria dell'umano transitare nel mistero della vita. L'autrice affronta la condizione del moderno disagio, del malessere esistenziale che non permette di vivere appieno il rapporto con la natura originaria, con una fiducia nella poesia come ultima ratio, estremo baluardo dove è possibile conciliare lo spirito col pensiero, in una sintesi di poesia e poetica (Franco Manescalchi).