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Il rapporto tra verità e democrazia è ripercorso nel confronto critico con il pensiero "post-moderno" e con il liberalismo. Per l'autore, entrambi, in modo diverso, attuano strategie di de-potenziamento che eludono e sviliscono la domanda di verità e sono fallimentari sul piano pratico: la neutralità dello stato rispetto alle diverse pretese di verità si trasforma in pericolosa indifferenza e gli automatismi del mercato globale non garantiscono la soluzione dei conflitti ma ne aumentano l'intensità. La sfida intrapresa da Julian Nida-Rümelin è quella di pensare ad un rapporto tra democrazia e verità in cui la domanda attorno alla verità rimanga intatta e cogente. La tesi è forte: la verità non ha bisogno di essere de-potenziata, per rendere possibile la democrazia; al contrario, la democrazia si realizza soltanto se il rapporto con la verità è saldo e continuo. Ciò non significa tuttavia che vi sia una lettura metafisica o dogmatica della verità.