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Se il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, a detta di tutti gli internati, non fu un lager ma solo un luogo di detenzione, grande merito va dato al direttore del campo, Paolo Salvatore, al maresciallo dei carabinieri Gaetano Marrari, ma anche al cappellano cattolico, il frate cappuccino Callisto Lopinot. Nel libro di don Salvatore Belsito viene ricordata la posizione pontificia sul razzismo e l'opera dell'episcopato calabro. Nel saggio introduttivo a firma di mons. Ignazio Schinella viene presentata la figura di padre Lopinot come il buon samaritano del campo di Ferramonti. In appendice il diario di padre Lopinot (1941-1944) e il racconto dell'harmonium che il papa Pio XII inviò a Ferramonti e che fu uno strumento musicale ecumenico: suonò sia per i cattolici che per gli ebrei.