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Può, la critica della poesia, farsi poesia essa medesima (per densità di sguardo, evocazione di contenuti, proprietà di stile)? Sì, se il critico è poeta a sua volta, e sa leggere i testi - frequentati di prima mano e affrontati in una sorta di erotico e salvifico "corpo a corpo" - con strumenti particolari, sottili e quasi medianici d'interpretazione, raggiungendo quel mirabile equilibrio tra sensibilità, erudizione e carica umana entro cui si diffonde il lievito più alto e durevole della cultura. È quanto accade in questa magistrale, poderosa e per certi versi "definitiva" monografia che il poeta Marco Onofrio, sfoderando le armi migliori del suo riconosciuto talento saggistico, dedica - 7 anni dopo essersi occupato della sua narrativa - alla straordinaria Opera in versi di Dante Maffìa, il più grande poeta italiano del secondo Novecento.