Il clero uxorato nella Calabria greca. Il clamoroso caso di don Antonio Asprea di Labrini Angelo - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Il clero uxorato nella Calabria greca. Il clamoroso caso di don Antonio Asprea

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Con la presente monografia l'autore prende spunto da detti e fatti attribuiti ad un singolare prete di campagna, don Antonio Asprea, che ha svolto il suo ministero sacerdotale, dall'inizio del secolo scorso fino alla metà degli anni '60, nel cuore dell'area grecanica, tra Bova, Gallicianò e Condofuri, per affrontare il dibattuto tema dell'obbligo del celibato imposto al clero cattolico dalle norme del diritto ecclesiastico. La ricerca documentaria, che si è avvalsa anche degli studi del filologo e grecista Franco Mosino, dello storico-economista Fulvio Mazza e del glottologo-antropologo Giuseppe Tripodi, recupera dalla memoria collettiva delle comunità dell'isola ellenofona la figura di questo arciprete, formidabile bevitore di copiose quantità di vino di Bova e di Palizzi, restando tuttavia sobrio, protagonista di un episodio avvenuto in Aspromonte durante il periodo bellico, noto come "L'oro della Madonna del Santuario di Polsi", ma famoso soprattutto per l'anomalia dei numerosi figli procreati nella convivenza more uxorio con la perpetua. È proprio questa sua singolare situazione familiare, contestualizzata in una realtà influenzata dalla tradizione greco-bizantina della chiesa orientale sul cui sfondo si svolge la vicenda narrata, caratterizzata dall'inusitato comportamento del Nostro che ha segnato il tempo di quel territorio, ad essere sdoganata, dopo vari periodi di allontanamento decretati per motivi disciplinari, come sui generis. Nonostante il suo comportamento fosse palesemente in contrasto con la disciplina propria cui è sottoposto il clero della Chiesa di Roma, questo personaggio si è imposto all'attenzione dei contemporanei per il suo indiscutibile carisma, così come testimoniato anche dai loro discendenti con numerosi racconti che ne accrescono la fama. Al riguardo, diedero ulteriore lustro alla sua poliedrica personalità la nomina, avvenuta nel dopoguerra, a Canonico del Capitolo della Cattedrale di Bova e i titoli onorifici, prima di Cavaliere e poi di Commendatore, del cavalleresco "Ordo militaris ac hospitalarius de Sanctae Mariae de Bethlehem". Degno di nota è il rapporto di antica amicizia intercorso con il Cardinale Camerlengo, protettore dell'Ordine Betlemita, di cui abbiamo traccia non solo epistolare, ma anche in una cantilena popolare riportata nel capitolo dedicato all'Oro della Madonna, che ha sicuramente avuto benefici riflessi nei rapporti con la locale gerarchia. La figura del Canonico Commendatore - tra luci e ombre - è tuttora ricordata in quel territorio anche per la sua rinomata abilità di oratore sacro, nonché attraverso numerosi aneddoti, tramandati oralmente con varie coloriture e varianti popolari, che lo rendono quasi un personaggio leggendario.

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