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Il libro nasce da una riflessione storica sulla situazione della Calabria odierna, sui problemi che da secoli l'affliggono e sull'origine e le cause delle sue molteplici criticità e arretratezze. La vicenda raccontata si colloca in un tempo storico ben definito e richiama personaggi protagonisti di quel periodo, tra l'ultimo scorcio del secolo XVIII e i primi anni del secolo XIX, nell'ultima fase, cioè, dell'era feudale nel Regno di Napoli. Il personaggio principale del romanzo, Giovanni Faria, è la metafora che dà il titolo al romanzo, "L'avvoltoio che si nutre di carogne anche putride"; la sua irrefrenabile ascesa sociale si fonda sulle disgrazie e sui fallimenti di una classe sociale ormai in decomposizione. Il popolo, altro protagonista negativo, si dibatte tra le violenze, a volte sadiche, della classe dominante e la veemenza della natura maligna: carestie, alluvioni, terremoti e pestilenze. L'io narrante, Poldino, testimone delle storie, racconta quasi giornalisticamente gli episodi, salvo la fase conclusiva che lo vede coinvolto nel dolore generale del borgo, Oppido dei Merli, per l'eccidio perpetrato dai francesi contro la popolazione inerme.