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Senza enfasi, con una memoria e una sensibilità prodigiose, Fred Duncan apre al lettore una finestra sull'epopea dei Great-Easterns, le grandi navi a vele quadre costruite nel Maine tra la fine della guerra civile americana e l'inizio del Novecento. Con esse l'economia degli Stati Uniti superava il ristretto limite nazionale per diffondersi in tutto il mondo. Con l'avvento del motore, tuttavia, anche queste signore dell'ultima vela dovettero cedere il passo, e con la loro scomparsa si chiuse una pagina affascinante della marineria. L'autore, nato a bordo del Florence nel 1887, vi trascorse imbarcato i primi undici anni della sua vita. Duncan descrive quelle che furono le sue esperienze di ragazzo, la sua infanzia passata sul prestigioso trealberi transoceanico comandato dal padre, che proprio in quegli anni batteva le rotte commerciali di tutti gli oceani. I rischi dei passaggi di Capo Horn, le tempeste nel Pacifico, le traversate da un porto all'altro, un tentativo di ammutinamento sono le esperienze giovanili dell'autore, il cui ritmo di vita era misurato sui mutamenti del clima e sulle brevi soste nei porti. Nel libro si ritrova la storia della famiglia del capitano, le lezioni che venivano impartite ai figli, i loro giochi, i brani del giornale di bordo, così come la sistemazione degli alloggi, i lavori e le manovre che si dovevano svolgere. L'uomo ricorda tutto con vividi particolari: le feste e i compleanni festeggiati a bordo, gli uragani di Capo Horn e il naufragio appena evitato, il genio culinario dello Stewart cinese, il semplice affetto dei rozzi marinai, il brivido esaltante di avere in mano il timone, i rumori particolari dei porti stranieri, i loro odori. Un mondo libero e salubre dove la famiglia d'alto mare conduceva una vita intensa e inebriante. Appendice di Karl Kortum.