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A cento anni dalla realizzazione della casa-studio di Ernesto Basile, sorta in quel quartiere che rappresentò per quasi mezzo secolo il settore urbano più ambito dalla buona e facoltosa borghesia di Palermo, ben poco sopravvive delle tracce di quella società che si fece interprete di istanze e sogni di modernità comuni alle migliori espressioni della "civiltà" della Belle Époque. Eppure questa "casa bianca", dimora di un indiscusso protagonista di primo piano del Modernismo italiano, testimoniando la portata del fenomeno palermitano dei primi anni del Novecento, conserva ancora intatto il suo potenziale di "icona" del Liberty nostrano. La casa-studio di Ernesto Basile, punto di arrivo di una "ricerca del nuovo" originatasi nel solco dell'esperienza dell'eclettismo sperimentale del padre Giovan Battista Filippo, coniuga le istanze estetiche del movimento internazionale volto alla "riorganizzazione del visibile" con i nuovi ideali della riforma della casa e con quella ricerca di nuova espressività (ma anche di nuovi modi abitativi) comuni ai più significativi protagonisti dell'architettura del periodo. Costruito fra l'estate del 1903 e il 1904, il villino Basile segnò effettivamente in quel periodo un considerevole punto a favore della cultura architettonica italiana, accorciando per breve tempo le distanze con le più avanzate manifestazioni della coeva cultura europea. Ma rappresentò anche uno dei giri di boa del contesto culturale al quale apparteneva.