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In queste poesie si rafforza e amplifica la cifra stilistica e ideologica dell'autore che ha, come scrive nell'introduzione Aldo De Francesco, "una sua profonda, inalienabile, sotterranea fede nella religione dell'amore, religione non liturgica, non confessionale ma forse (come Pavese intendeva dover essere la fede) religione del dolore, che ci fa vivere in una sfera incantata e trasognata ove le cose quotidiane e banali prendono un rilievo thrilling non sempre sgradito".