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"Sono uno dei seicentomila italiani deportati in Germania nel 1943. Non ho mai voluto scrivere un diario dei miei ricordi di prigionia perché troppo traumatizzanti, dolorosi ... Ho scritto di getto queste pagine di ricordi. Alla fine mi sono chiesto: perché l'ho fatto? Per affidare ai giovani uno dei tanti messaggi di pace? Io un modesto, piccolo uomo? L'ho fatto sperando che non si ripetano gli orrori della guerra? Utopia, illusione ... Non lo so. Spero mi leggano almeno i miei amatissimi cinque nipoti. Saranno essi a giudicare e a dire se da queste pagine si possa trarre qualche utile insegnamento di vita". Così l'autore.