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Il periodo di passaggio tra la fase più muscolare della guerra fredda e l'inizio del processo di distensione internazionale fu caratterizzato da profonde divisioni interne al campo occidentale, che costrinsero l'Italia a cercare soluzioni nuove per la tutela degli interessi nazionali, anche alla luce dei mutamenti in atto nel quadro politico interno. Il libro, che si basa su documenti d'archivio in gran parte inediti oltre che sullo studio della storiografia pregressa, ricostruisce quindi la posizione italiana rispetto allo sviluppo dei rapporti Est-Ovest e mette in evidenza come il "problema della distensione" abbia assunto, nel periodo considerato, una crescente importanza per i governi italiani che si succedettero in carica. Dopo aver respinto le prime aperture distensive sovietiche, basate esclusivamente sul "clima" e lo "spirito" della distensione, e dopo aver sperimentato un grave isolamento diplomatico in seguito alla crisi ungherese del 1956, l'Italia prese coscienza della necessità di elaborare una politica estera più elastica, basata sui concreti vantaggi che la distensione poteva apportare, in particolare, nei settori economico e commerciale, senza mettere in discussione le scelte di fondo. Il volume approfondisce dunque un aspetto poco studiato della storia italiana nel dopoguerra: il "problema della distensione" come "denominatore comune" di alcune delle principali sfide della politica estera, ovvero la ridefinizione dei rapporti con gli alleati, l'ammissione all'ONU...