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In passato la medicina popolare aveva una grande importanza. I più poveri, per trovare la cura ai quotidiani "mali" che li affliggevano, ricorrevano al patrimonio della tradizione e ai suoi depositari, il "medico" e la "medicona", e solo raramente si rivolgevano alla medicina "ufficiale", quella scientifica. La quale a sua volta teneva in scarsissima considerazione quella che riteneva essere solo un'accozzaglia di credenze buone per i creduloni. Ma si trattava solo del frutto dell'ignoranza? Gli autori sottolineano come la medicina popolare abbia avuto anche un compito storico: un ruolo sociale, quasi di assistenza e sostegno alle classi sociali più svantaggiate. Quel patrimonio è ora in gran parte dimenticato, anche se sopravvive in piccola misura nelle nostre moderne erboristerie. Gli autori recuperano, attraverso una minuziosa ricerca di piacevole lettura, una sorta di "dizionario di medicina dei poveri" focalizzato sulla provincia di Reggio Emilia, elencando quella serie di rimedi tradizionali, più o meno casalinghi, e aprendo interessanti riflessioni sulle condizioni di vita nel nostro recente passato. A metà fra un manuale di antropologia culturale sanitaria e un piccolo dizionario popolare della salute nelle terre di Reggio Emilia e del suo dialetto, pieno di calore, di fantasia collettiva, di creatività antica del "curarsi" che è meglio (se 't voo tôret ál dutòur d'intôuren).