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II volume mette in luce i debiti letterari e filosofici di Boccaccio verso Apuleio di Madaura, uno dei più influenti autori latini dell'età argentea. L'analisi filologica e paleografica dei principali manoscritti della tradizione apuleiana, copiati, annotati o consultati da Boccaccio, si affianca al raffronto intertestuale condotto su tutto il corpus delle sue opere e gli esiti della ricerca mostrano, da prospettive differenti, come la cultura classica e l'atteggiamento intellettuale dell'autore fossero quelli di un vero umanista. Modello di arte narrativa e di inesausta sperimentazione linguistica, filosofo autorevole, Apuleio stimola Boccaccio al dialogo con i classici (Platone, Aristotele, Virgilio, Ovidio, Seneca) e con i moderni (Cavalcanti, Dante, Petrarca). Al centro dell'indagine è l'influenza della favola di Amore e Psiche, uno dei miti fondanti dell'immaginario poetico boccacciano dal Teseida alle Genealogie. La favola è indicata per la prima volta come fonte della novella di Criselda (Dee. X, 10), il cui disegno inventivo è dettato dall'imitazione del racconto apuleiano. Nelle Genealogie, invece, l'allegoria della favola invita alla lettura del modello in prospettiva teologica e filosofica. Per Boccaccio, come per tanti intellettuali medievali che non leggevano il greco, Apuleio rappresentava il tramite privilegiato per la conoscenza della dottrina platonica.