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Un uomo uscito di casa per assistere a uno spettacolo civile si ritrova in una sala sconosciuta di fronte a uno spettacolo inatteso: una cantata dei pastori del presepe, costretti in una immota fissità che li obbliga a recitar la stessa parte. Riondino e Bollani mettono in scena l'immobilità che coglie i pastori in adorazione del bambino nella grotta. La meraviglia di quell'attimo si ribalta nel suo opposto: lo scoramento di chi scopre di essere privato per sempre della possibilità di muoversi, di parlare, di innamorarsi, di vivere. Solo il canto permette loro di trovare una forma di testimonianza di sé. Ai canti dei pastori si intrecciano i canti di uomini del presente: un soldato in procinto di saltare su una mina, una donna in cerca dell'amore...