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La lettura d'insieme della mitologia, dell'antropologia e dei fenomeni linguistici dialettali, già avviata in precedenti pubblicazioni, ha supportato la tesi che il vernacolo fermano maceratese fosse un autoctono contenitore - anzi scaturigine - di arcaismo italico e non un semplice riflesso del romano/laziale o una banale corruzione del toscano/italiano (come si tende solitamente a considerarlo), fornendo risultati incontrovertibili. Le luci proiettate dalle tavole di Gubbio, dalla lingua romena e dal còrso sui volgari mediani rispettivamente del primo millennio a.C., degli inizi dell'era cristiana, dell'alto medioevo, conclamano il primato del nostro idioma e la ininterrotta identità lungo i tremila anni della sua parabola. Di questa "madrelingua" - e del territorio, della mitologia, della cultura antropologica che si porta dietro - siamo i depositari. Da qui l'importanza di avviare un dibattito allargato per la salvaguardia e la valorizzazione del nostro dialetto, nella consapevolezza che in tale percorso il contributo di chi vive la quotidianità del territorio non è meno utile del lavoro degli studiosi.