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"Il saggio Francesco Mastriani: un escluso nasce da una rivisitazione finalizzata a dimostrare e a ribadire, nell'economia della trattazione, la collocazione dell'appendicista napoletano fuori dalle istanze naturalistiche e realistiche. Quali le motivazioni? L'assenza dei requisiti peculiari della narrativa verista, che proclama: "l'opera d'arte deve sembrare essersi fatta da sé" sulla scorta di indagini scientifiche, di alterazioni fisiologiche, patologiche, ereditarie, storiche, ambientali. A queste tesi, di taglio lombrosiano e zoliano, per carenza di informazione e formazione pertinente, non attiene il Mastriani, il quale, anche se con connaturata indignatio, arringa: "II verismo l'ho inventato io", rimane sostanzialmente un osservatore triste e malinconico di Napoli e dei suoi fuorviati. Figure truculente e sanguigne non sono sbozzate con l'approfondimento fisicochimico del narratore naturalista, ma con l'ottica del socialismo francescano, con gli stimoli del filantropismo, aduso, senza tralasciare il concetto di imparzialità della giustizia, a commiserare devianze e malversazioni di ogni genere. Delitti, omicidi, violenze, prostituzione sono la fisionomia e la voce dei vicoli, nei quali non attecchisce la nozione di letteratura interrelata con politica, economia, diritto, filosofia, arte, religione." Postfazione di Francesco d'Episcopo.