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Il filo di lana, oltre a essere un percorso attraverso l'epopea dell'emigrazione italiana negli Usa, è anche un viaggio attraverso le emozioni, i sentimenti, la fragilità, la forza dell'essere umano, legate da un ideale filo di lana. Saper raccontare con semplicità i sentimenti che attraversano le storie umane non è dote che appartiene a tutti. Paolo Jorio questa dote ce l'ha e la struttura narrativa del suo romanzo concede al lettore il biglietto di sola andata verso un paese che ognuno, prima o dopo nella vita, dovrebbe visitare: se stesso. I personaggi dell'opera, emigranti campani in cerca di una vita nuova che non sia solo sopravvivenza, sono descritti dall'autore con un'attenta analisi psicologica, sono messi a fuoco con la precisione di una macchina fotografica, strumento che rappresenta poi una metafora significativa in tutta l'opera. Il protagonista, che ha lasciato il mondo ma in quel mondo ha impresso un segno indelebile di ricordo, è raccontato attraverso le fotografie che suo nipote mostra a una fotoreporter cinica in cerca di storie assai diverse da quella in cui s'imbatte per caso:storie dove gli emigranti italiani d'America s'identificano in gente che ha fatto i soldi con mezzi non sempre limpidi. Ma la donna scopre un'altra storia, un'altra realtà, fatta di onestà, affetto, rigore dei sentimenti. E sarà questo a cambiarle la vita.