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Attraverso una scrittura che adotta cadenze e modalità del racconto moralista della letteratura araba delle origini - si tratta qui di plot e vicende traslati nell'età dei califfati Abbasidi (VIII-XIII sec.) - Karahasan ci parla del potere. Sono racconti di complotti, crimini, cadaveri impiccati e galleggianti, corpi che esplodono, decessi inspiegabili. Sulla scena del crimine è all'opera l'emiro della guardia - il superpoliziotto - Gazvan ibn Validi Mudligi. Luogo del tormento e del possesso dei corpi e delle menti da parte del potere è la fortezza, dominio e regno a gironi infernali di Gazvan. Brulicano in queste pagine corpi amputati sui tavoli della morgue, congiure, intrighi, casuali punizioni, lotte di potere, assassini per procura e tutto opprime e sovrasta un'ampia platea di miserabili, poveri, straccioni, facchini, pescatori, venditori al minuto, gente del bazar. Introduce il libro e il mondo di Gazvan, Yadab (il racconto-parabola) del 'destino del topo'; chiude il libro Yadab del 'destino di Behram', il massaggiatore che sogna l'età dell'oro.