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Gregorio Finimondi era il nome che gli avevano dato all'ospizio dei trovatelli, nel febbraio del 1886. Adottato da una coppia di Chiusa Pesio (Cuneo) era stato allevato a latte e castagne, eppure era cresciuto forte come un ariete. Una forza leggendaria, un coraggio che tutti conoscevano, in paese. Nel 1912 partì per la Libia e divenne un eroe. Tutta la nazione lo acclamava, veniva portato in trionfo e le ragazze si strappavano i capelli per lui. Poi l'entusiasmo diminuì ed emigrò in Argentina. Non fece fortuna. Rientrò al paese e fu richiamato alle armi: era la prima guerra mondiale. In trincea non resistette: fuggì, si consegnò agli austriaci. Nessuno capì perché lo fece, ma fu catturato, processato e condannato all'ergastolo. Trascorse sei anni nel penitenziario di Portolongone, da cui uscì in seguito all'amnistia del 1921. Si sposò ed emigrò in Francia. Aveva grinta da vendere e un credito con la fortuna. Aprì locali malfamati, bar, dancing in Costa Azzura, frequentò anarchici e poliziotti. E si arricchì. Mise su famiglia, rimase vedovo, si sposò una seconda volta e si godette il benessere e la discendenza. Infine morì quando decise di farlo, nel 1969.