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Negli anni del boom economico l'emigrazione della penisola è ancora così forte che alcuni paesi tendono letteralmente a svuotarsi. Oggi sono in pochi a saperlo, ma negli anni Sessanta esistono in Italia dei centri di emigrazione del ministero del Lavoro. Diversamente dai tempi d'oro tra Otto e Novecento, quando agli emigranti è consentito spostarsi con discreta facilità da un paese all'altro, nel mondo dopo il 1945 non sono più ammessi movimenti migratori incontrollati. I paesi di immigrazione pretendono di scegliersi la manodopera straniera. Accordi bilaterali predeterminano qualità e quantità dei flussi, condizioni di lavoro, modalità e durata dell'impiego. Commissioni inviate dai paesi importatori di forza lavoro e incaricate di selezionare i candidati si installano in centri realizzati dallo stato italiano dove gli emigranti sono presentati ai funzionari stranieri. Milano e Verona gestiscono il "traffico" verso i paesi del continente europeo. Chi supera le selezioni firma già in Italia il contratto di lavoro e viene avviato a destinazione. La cooperazione migratoria bilaterale presenta in realtà diversi limiti e il governo dei flussi raramente riesce nella misura sperata, ma sono comunque tantissimi gli espatri di stato. Il libro si sofferma sull'emigrazione organizzata verso la Repubblica federale tedesca iniziata alla metà degli anni Cinquanta, illuminandone interessi in gioco, attori, modalità ed esiti. È il colpo di coda di una stagione ormai al tramonto.