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Alle sei del mattino del 28 gennaio 1960, in via Mulino delle Armi, a Milano, non passa nessuno. La Basilica di S. Eustorgio, la cui sagoma si profila incerta nella nebbia, sembra un'immagine fantasma, a tratti sdoppiata, come a volte succede in una ricezione televisiva. Jacques Davy scende dalla Seicento Fiat e si avvicina al corpo disteso in una pozza di sangue, a pochi metri dal bordo del marciapiede che delimita piazza Vetra. Rabbrividisce. Si tira su il bavero del cappotto. Fa freddo, molto freddo. È naturale che faccia freddo alla fine di gennaio, nei giorni della merla, i più gelidi dell'inverno.