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La parola a sproposito, la parola "abusata", la parola senza misura: questo è il nodo concettuale al centro dell'opera di Plutarco intitolata "Sulla loquacità" (in greco "Peri adoleschias", in latino "De garrulitate"). Si tratta di una chiacchiera per così dire privata, legata all'ambito individuale, quale caratteristica personale, ma anche pubblica, spalmata in ogni luogo sociale, senza distinzione di genere, di luogo, di ceto. L'opera si presenta come un pastiche di poche pagine in cui, con toni scherzosi, irrisori e seri, si mescolano citazioni colte, richiami, consigli, inviti. E sebbene Plutarco riporti esempi tratti dal mondo greco, coevo e non, e dalla sua esperienza quotidiana, l'atmosfera che respiriamo richiama la trama esistenziale del nostro vissuto di oggi. Cosicché quel chiacchierare vano e incessante, oltre che sciocco, che l'autore biasima, anche noi lo potremmo biasimare. Il tono non è mai acido, ma paterno, tipico di colui che vuole "educare" con il sorriso e non con il cipiglio. A chi si rivolge? A tutti coloro che, in coscienza, si sentono chiamati in causa.